venerdì 26 marzo 2010

NO DIA PER MANUTENZIONI STRAORDINARIE: DA OGGI IL VIA

(Fonte: www.edilportale.com)

Al via il Decreto-Legge Incentivi che consente di effettuare gli interventi di manutenzione straordinaria degli edifici senza alcun titolo abilitativo.
Come annunciato nei giorni scorsi dal Ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, il provvedimento sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di oggi 26 marzo ed entrerà in vigore oggi stesso.

Vediamo la situazione nelle singole Regioni:

Lombardia, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Val d’Aosta, Provincia di Trento, Provincia di Bolzano, Campania e Sicilia hanno una legge regionale in materia edilizia, successiva al Dpr 380/2001, che richiede DIA per le manutenzioni straordinarie. Poiché la legge regionale prevale sul DL nazionale, la DIA continuerà ad essere richiesta, a meno che le Regioni non decidano di adeguare le proprie leggi al DL nazionale, liberalizzando le manutenzioni straordinarie.

In dubbio le Regioni Piemonte, Veneto e Lazio che richiedono la DIA per le manutenzioni straordinarie, escludendo quindi l’applicazione del DL, ma sulla base di leggi regionali precedenti al Dpr 380/2001.

In Puglia, Marche Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria, Regioni che non hanno una legge regionale in materia, si farà riferimento al nuovo Dpr 380/2001, come modificato dal DL Incentivi. Queste Regioni potranno comunque, in seguito, decidere di legiferare reintroducendo la DIA, ma intanto, da oggi, si potrà ristrutturare senza DIA.

Le Regioni nelle quali si applicano da subito le semplificazioni volute dal Governo sono la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia, le cui leggi regionali in materia edilizia consentono già di iniziare i lavori inoltrando una comunicazione, senza attendere 30 giorni, e quelle che, non avendo una legge in materia applicando direttamente il Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001).

Il decreto-legge modifica l’articolo 6 “Attività edilizia libera” del Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001), aggiungendo le manutenzioni straordinarie all’elenco degli interventi realizzabili senza titolo abilitativo, a patto che l’intervento non riguardi le parti strutturali dell’edificio, non incrementi il numero delle unità immobiliari e non modifichi volumetrie e superfici.

Gli interventi dovranno però rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, le norme antisismiche, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, le norme antincendio, igienico-sanitarie e sull’efficienza energetica, nazionali o regionali e le norme di sicurezza.

Da oggi, chi vorrà modificare i tramezzi interni alle abitazioni, sostituire le finestre, realizzare canne fumarie, ascensori, scale di scurezza, rifare il bagno, la cucina e gli impianti elettrici e termici, rinnovare i rivestimenti delle facciate esterne, potrà inviare una comunicazione, anche telematica, al Comune prima dell’inizio dei lavori, allegando le eventuali autorizzazioni obbligatorie e indicando l’impresa che eseguirà le opere.

Con la stessa procedura sarà possibile anche installare pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, al di fuori dei centri storici.

Le altre attività liberalizzate sono: movimenti di terra connessi all'attività agricola; opere temporanee da rimuovere entro 90 giorni; serre mobili stagionali; opere di pavimentazione e finitura di spazi esterni, anche per parcheggi; realizzazione di aree ludiche senza fini di lucro.

Domani inizia il conto alla rovescia per la conversione in legge del DL; l’iter dovrà concludersi entro il 24 maggio 2010.

giovedì 25 marzo 2010

FONTI RINNOVABILI: PRESENTI NEL 86% DEI COMUNI ITALIANI

(Fonte: www.edilportale.com)

Sono ben 6.993 i Comuni italiani dove è installato almeno un impianto di produzione energetica da fonti rinnovabili. Erano 5.580 lo scorso anno, 3.190 nel 2008. Le fonti pulite che fino a dieci anni fa interessavano, con il grande idroelettrico e la geotermia le aree più interne e comunque una porzione limitata del territorio italiano, oggi sono presenti nell’86% dei Comuni. E per quanto riguarda la diffusione, sono 6.801 i Comuni del solare, 297 quelli dell’eolico, 799 quelli del mini idroeletttrico e 181 quelli della geotermia. Le biomasse si trovano invece in 788 municipi dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale.
Ecco, in sintesi, il quadro dell’Italia sostenibile, rilevato dal rapporto ‘Comuni Rinnovabili 2010’ di Legambiente, realizzato in collaborazione con GSE e Sorgenia, presentato a Roma nella sede del GSE, alla presenza di Emilio Cremona (presidente GSE), Nando Pasquali (AD di GSE), Vittorio Cogliati Dezza (Presidente nazionale Legambiente), Francesco Ferrante (Vicepresidente Kyoto Club), Massimo Orlandi (AD Sorgenia), Alessandro Ortis (Presidente Autorità energia elettrica e gas), Sara Romano (Direttore Generale per l'Energia del Ministero dello Sviluppo Economico), Edoardo Zanchini, responsabile Energia Legambiente, Simone Togni (Segretario generale Anev).

Il rapporto racconta con numeri, tabelle, cartine il salto impressionante che si è verificato in Italia nel numero degli impianti installati. Attraverso nuovi impianti solari, eolici, geotermici, idroelettrici, da biomasse già oggi sono centinaia i Comuni in Italia che producono più energia elettrica di quanta ne consumino. Grazie a questi impianti sono stati creati nuovi posti di lavoro, portati nuovi servizi e create nuove prospettive di ricerca applicata oltre, naturalmente, ad aver ottenuto un maggiore benessere e qualità della vita. Queste esperienze sono oggi la migliore dimostrazione del fatto che investire nelle rinnovabili è una scelta lungimirante e conveniente, che può innescare uno scenario virtuoso di innovazione e qualità nel territorio.

“Nel 2009 la crescita delle fonti rinnovabili è stata fortissima (+13% di produzione), e dimostra quanto oggi queste tecnologie siano affidabili e competitive - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza, Presidente nazionale di Legambiente –. Ora occorre puntare con forza in questa direzione, capire quanto sia nell’interesse del Paese raggiungere gli obiettivi fissati dall’Unione Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di CO2 e la crescita delle rinnovabili. Per questo siamo preoccupati di fronte all’assordante silenzio che ci sta accompagnando alla scadenza del prossimo giugno, quando l’Italia dovrà comunicare all’UE il piano nazionale per rientrare nell’obiettivo al 2020 del 17% di rinnovabili. I numeri, le storie raccontate da questo rapporto dimostrano che questi target sono a portata di mano, e che la soluzione più intelligente è quella di guardare ai territori: alla domanda di energia da parte di case, uffici, aziende e attività agricole per capire come soddisfarla con le risorse rinnovabili più adatte ed efficienti. Ma soprattutto, le esperienze raccolte dimostrano quanto questa prospettiva risulti già oggi vantaggiosa: coloro che hanno installato impianti solari termici e fotovoltaici o che sono collegati a reti di teleriscaldamento, pagano bollette meno salate in località dove l’aria è più pulita”.

“Le azioni intraprese di recente da molti Comuni italiani stanno dando un contributo importante alla corsa nazionale per il raggiungimento degli obiettivi posti dall'Unione Europea in tema di energia rinnovabile – dichiara Gerardo Montanino, direttore operativo del Gestore dei Servizi energetici - Questo grazie anche a una solida politica nazionale di incentivazione che, attraverso varie forme di sostegno, si estende a tutte le fonti rinnovabili. L’eccezionalità del nostro territorio, infine, sta proprio nell’avere potenzialità di sviluppo per tutte le nuove energie rinnovabili”.

“I numeri contenuti nel rapporto 2010 – ha dichiarato Massimo Orlandi, amministratore delegato di Sorgenia - testimoniano la progressiva crescita della sensibilità e dell’impegno per lo sviluppo delle fonti rinnovabili da parte di istituzioni nazionali e locali, imprese e cittadini del nostro Paese. È ormai opinione comune che la produzione di energia attraverso fonti alternative rappresenti un’opportunità, sia per contrastare i cambiamenti climatici sia per creare sviluppo economico e occupazione. Tuttavia, per colmare il divario che ancora ci separa dai leader europei Germania e Spagna,occorre proseguire e rafforzare questo impegno anche in futuro, ad esempio uniformando e velocizzando gli iter autorizzativi per i nuovi impianti. Per Sorgenia i risultati del rapporto confermano la validità di una strategia aziendale intrapresa ormai da alcuni anni. Siamo stati tra i primi in Italia a credere nelle potenzialità delle rinnovabili, dando vita a un piano di investimenti pluriennale da circa due miliardi di euro che è attualmente in avanzata fase di esecuzione. La produzione di energia pulita, in particolare attraverso il sole e il vento, resterà uno dei capisaldi della strategia di sviluppo di Sorgenia anche nei prossimi anni”.

Le prospettive e gli interventi necessari
“I Comuni rinnovabili sono un perfetto esempio della direzione verso cui si deve guardare per ragionare di energia in Italia. Ovvero, bisogna partire dal territorio per comprendere la domanda di energia e fornire la risposta più adatta, pulita e efficiente - ha dichiarato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente -. Ma per dare forza a questa prospettiva occorre dare finalmente certezze al settore, assumendo gli obiettivi UE al 2020 come scenario di riferimento delle politiche, in modo da stabilire regole e condizioni utili a innescare un ciclo virtuoso”.

Legambiente indica in dettaglio nel rapporto gli interventi indispensabili, a partire dal Piano di azione nazionale per le rinnovabili che occorre presentare a Bruxelles entro Giugno 2010, per indicare le politiche e gli obiettivi suddivisi tra le Regioni.

Ma quali sono gli interventi più urgenti? Intanto la semplificazione delle procedure per i progetti. Bisogna far diventare un atto libero e gratuito realizzare un impianto domestico da fonti rinnovabili ed emanare le Linee Guida per l’approvazione dei progetti come previsto dal DL 387/2003, soprattutto per fare chiarezza rispetto all’inserimento degli impianti nel paesaggio.

Va inoltre definito uno scenario certo, di progressiva riduzione per gli incentivi alle fonti rinnovabili con un orizzonte da fissare al 2020. La priorità va al prolungamento degli incentivi in Conto Energia per il solare fotovoltaico (di grande successo e in fase di scadenza). Ma altrettanto urgente è dare certezza al solare termico e agli interventi di risparmio energetico (con il 55% di detrazione fiscale) che termineranno nel 2010. Bisogna poi investire sulla rete energetica per adeguarla a una generazione sempre più efficiente e distribuita. Ed è necessario spingere con convinzione l’innovazione energetica degli edifici, con prestazioni minime obbligatorie di efficienza e di uso delle rinnovabili e sostenere una politica per riqualificare e migliorare le prestazioni energetiche del parco immobiliare esistente.

Infine bisogna fare in modo che il mercato energetico premi veramente efficienza e concorrenza nell’offerta ai cittadini e alle imprese, ed utilizzare, per valutare i progetti da fonti fossili criteri legati all’efficienza energetica e alle emissioni di CO2. Ma occorrono anche nuove idee per muovere politiche capaci di spingere l’efficienza energetica verso gli utenti finali. In questo nuovo scenario energetico occorre mettere in moto soluzioni inedite, capaci di rendere possibile una accelerazione degli interventi a tutti i livelli, anche a quello locale. Un esempio sono i Regolamenti Edilizi comunali che, come dimostra l’esperienza di questi anni, possono spingere con obblighi e incentivi l’innovazione nel settore delle costruzioni.

NO DIA PER MANUTENZION STRAORDINARIE: I PROGETTISTI CONTRO IL DECRETO


(Fonte: www.edilportale.com)

“Con l’abolizione della DIA per le opere di manutenzione straordinaria registriamo ancora una volta con grande preoccupazione la volontà del Governo di ignorare del tutto gli avvertimenti ed i suggerimenti dati dal mondo delle professioni tecniche per la tutela di interessi collettivi”.

È il commento dell’Ordine degli Architetti PPC di Roma sul ‘DL Incentivi’, che consentirà di effettuare gli interventi di manutenzione straordinaria senza alcun titolo abilitativo (leggi tutto). Nei giorni scorsi il Consiglio Nazionale degli Architetti aveva definito il provvedimento “un condono edilizio mascherato per opere già realizzate senza permesso”.

Eliminare completamente la figura del progettista pone - secondo l’Ordine presieduto da Amedeo Schiattarella - seri problemi in termini di sicurezza: “chi verificherà che l’intervento non incida sulla struttura dell’edificio? Chi controllerà il rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, igienico-sanitarie, ecc.?” Il Cnappc aveva proposto di rendere comunque obbligatorio il progetto redatto da un tecnico (leggi tutto) ma - sottolinea l’Ordine di Roma - “questa proposta, nonostante le tante assicurazioni verbali, è stata completamente respinta”.

L’Ordine degli Architetti di Roma, insieme con altri ordini provinciali, con gli ingegneri e con i geometri, cercherà di modificare il DL, quando inizierà la conversione in legge. “Vorremmo - conclude la nota - che almeno questa volta il mondo politico si ricordasse che esiste in Italia un mondo delle professioni che è portatore di competenze e valori utili per il bene di tutti”.

E la sicurezza è il punto su cui si interroga anche l’Ordine degli Ingegneri di Roma: “Il prezzo della ‘liberalizzazione’ potrebbe essere il rischio di lavori eseguiti a discapito delle strutture e della sicurezza sismica: chi valuterà la sicurezza delle strutture? E poi il DURC richiesto per la DIA alle ditte che eseguono i lavori è una minima garanzia sulla sicurezza del cantiere; in questo modo i lavori saranno eseguiti senza nessun controllo...”.

È critica verso la liberalizzazione delle opere di manutenzione straordinaria anche l’Associazione Nazionale Ingegneri Architetti Liberi Professionisti che, pur condividendo la necessità di snellire questa procedura, definisce “inconcepibile che si possa attuare un’attività edilizia senza alcun controllo da parte di tecnici specialisti, con una totale mancanza di verifica del rischio di lavori sulle strutture portanti e di sovraccarico, oppure sul rispetto delle norme igienico-sanitarie”.

“La procedura giusta e di buon senso - si legge in una nota firmata dal Presidente dell’Anialp, l’arch. Antongiulio Ciaramellano - potrebbe essere quella di una semplice comunicazione all’ufficio tecnico comunale dei nominativi della ditta esecutrice dei lavori e del tecnico qualificato responsabile, che a fine lavori, rilasciano congiuntamente un certificato di regolare esecuzione”.

Il DL Incentivi - ricordiamo - è in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Subito dopo entrerà in vigore ma le misure di semplificazione per le manutenzioni straordinarie dovranno comunque rispettare le disposizioni regionali in materia di edilizia e le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali. E poichè in quasi tutte le Regioni la manutenzione straordinaria è sottoposta a Dia, la norma introdotta dal DL incentivi rischia di rimanere inefficace.

NO DIA PER MANUTENZIONI STRAORDINARIE: DOMANI AL VIA IL DECRETO


(Fonte: www.edilportale.com)

25/03/2010 - È prevista per domani l’entrata in vigore del Decreto-Legge Incentivi che, oltre agli aiuti ai consumi, modifica la disciplina delle ristrutturazioni. Secondo l’art. 5, per realizzare un intervento di manutenzione straordinaria non occorrerà alcun titolo abilitativo, ma sarà sufficiente informare il Comune prima dell’inizio dei lavori.

La manutenzione straordinaria - ricordiamo - comprende “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso”.

Ma prima di procedere ai lavori, il padrone di casa dovrà verificare che siano rispettate le regole imposte dallo stesso DL Incentivi. Innanzitutto l’intervento non dovrà riguardare le parti strutturali dell’edificio, non dovrà incrementare il numero delle unità immobiliari né modificare i parametri urbanistici (volumetrie e superfici).

Se non si rientra in uno dei casi suddetti, occorrerà verificare se esiste una legge regionale che disciplina la materia edilizia, e cosa prevede. Ad oggi quasi tutte le Regioni dotate di una legge regionale in materia edilizia subordinano la manutenzione straordinaria alla DIA: in tal caso la legge regionale prevale e la DIA andrà presentata. Altrimenti si dovrà fare riferimento al Dpr 380/2001, come modificato dal DL Incentivi.

Se invece, come in Sardegna o in Friuli Venezia Giulia, per i lavori straordinari è richiesta soltanto un’autorizzazione comunale, la procedura sarà già semplificata e si potrà passare oltre e verificare che l’intervento che si intende intraprendere sia conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.

Assodata la conformità alle regole locali, bisognerà informarsi sulla sismicità della zona in cui si trova l’immobile e verificare la rispondenza dell’intervento alle norme antisismiche. Se poi l’immobile o l’area sono tutelati, sarà necessario espletare le procedure richieste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Dopodiché occorrerà rispettare le norme antincendio, le norme igienico-sanitarie e quelle sull’efficienza energetica, nazionali o regionali. Da ultimo, per tutelare i lavoratori impegnati nel cantiere, occorrerà applicare le norme di sicurezza.

A questo punto si potrà inviare una comunicazione, anche telematica, al Comune prima dell’inizio dei lavori, allegando le eventuali autorizzazioni obbligatorie e indicando l’impresa che eseguirà i lavori.

Ma a porre altri dubbi sono i lettori di Edilportale: “Se si modificano tramezzi e vani - scrive Anna - poi come la mettiamo con la conformità urbanistica dal notaio in caso di compravendita?”. E Edoardo: “Chi glielo dice al catasto che io posso fare quello che voglio senza verificare se questo comporta una variazione del valore dell’immobile?”. “Per evitare lungaggini burocratiche si taglia sulla necessità di una progettazione sana” afferma Danilo. Senza l’obbligo di DIA - dice Lorenzo - ognuno “si sentirà autorizzato a ristrutturare a proprio piacimento in beffa delle più elementari norme strutturali e tecniche”.